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Meraviglioso biancospino
Il suo nome è nell'immaginario di tutti. A rendercelo familiare non è solo la sua presenza nei boschi e nelle radure, ma anche nei libri di storia e nei racconti d'epoca. È il biancospino, un cespuglio che a volte prende le sembianze di un albero.
Quando si cammina lungo il fiume, accanto alla scuola media di Viganello, si incontra un alberello molto vecchio, probabilmente molto più vecchio degli alberi che si trovano sul percorso. Anziché essere allineato come gli altri, è in mezzo al passaggio. La sua presenza ci ricorda che un tempo, quello che oggi è un sentiero che attraversa la città, era un campo coltivato in periferia.
Il biancospino, Crataegus monogyna Jacq., lo si incontra più facilmente come arbusto cespuglioso, che non come albero. Ma in realtà può raggiungere fino ai 12 metri di altezza e, con la sua crescita molto lenta, può arrivare fino ai 700 anni di vita.
Appartenente alla famiglia delle Rosaceae, il biancospino prende il nome dai suoi rami più giovani coperti di spine, che in primavera (tra aprile e maggio), si adornano con i caratteristici fiori bianchi (o biancorosati) lievemente profumati. I suoi frutti sono piccoli pomi rossi, simili a bacche, che si presentano in piccoli grappoli.
Il suo nome botanico, Crataegus monogyna Jacq., è di etimologia greca. “Kratos” significa forza, a indicare il legno robusto usato in falegnameria; “mónos” significa unico e “gyné” femmina: indica che il fiore ha un solo pistillo (apparato riproduttivo femminile). “Jacq.” è l’abbreviazione di Nikolaus Joseph Jacquin (1727-1817), botanico olandese che per primo descrisse il biancospino.
Mentre i suoi nomi, al contrario di altre piante, lasciano poco all’immaginazione, il biancospino è ricco di significati immaginifici. Per greci e romani era simbolo di fertilità. Di biancospino adornavano gli altari nuziali, i greci anche le damigelle e la sposa che a scopo propiziatorio ne portava un rametto in mano. I romani lo chiamavano alba spina, cioè spina bianca, e proprio alle sue spine attribuivano il potere di scacciare gli spiriti maligni. Per questo un rametto di biancospino vigilava sulle culle dei neonati.
Nel calendario celtico degli alberi, al biancospino era dedicato il mese di maggio (che corrisponde al periodo che per noi intercorre tra metà maggio e metà giugno). I romani gli consacravano la dea flora e la dea maia.
Il biancospino è presente anche nella simbologia cristiana. C’è chi ipotizza che la corona di spine portata da Gesù nell’ultimo giorno fosse di biancospino, in realtà sono molte le specie diverse che sono state attribuite. Per gli inglesi, i fiori di biancospino rappresentano l’immacolata concezione e i suoi frutti rossi il sangue versato da Cristo.
Il biancospino ha molti usi medici. Il più noto, sin dal medioevo, è l’uso del biancospino per curare malattie cardiache e circolatorie. Ma è anche usato per calmare malesseri interiori e, in cosmetica, per curare le pelli impure.
Il biancospino, un tempo era usato anche in cucina. Gli olandesi mescolavano la polpa dei suoi frutti alla farina per fare il pane e, durante la seconda Guerra Mondiale, i semi di biancospino erano usati al posto del caffè.
Tra uso del legno in falegnameria, uso medico, sacro e culinario, del biancospino si usava proprio tutto. Dotato di semi con lunga dormienza, il biancospino si propaga grazie agli uccellini e ai piccoli mammiferi che ne mangiano i frutti e, con le feci, ne espellono i semi.
Curiosità: alcune specie di biancospino hanno fiori fortemente maleodoranti. Questo per attirare i loro insetti impollinatori che, nutrendosi di carcasse animali, sono attratti dall’odore di cadavere in decomposizione.
Consulta la scheda botanica di Acta Plantarum, visualizza la mappa di distribuzione in Svizzera del biancospino su Info Flora, sogna leggendo:
Miti e leggende sul biancospino.
Segnalazione, foto e controllo scientifico: Nicola Schoenenberger