Prunus mahaleb

Nella cucina orientale è una pregiata spezia dall’aroma delicato, in frutticultura è usato come portainnesto per conferire resistenza e vigore al ciliegio, nel bosco attorno al Sentiero di Gandria testimonia, ancora un volta, la straordinaria ricchezza della flora legnosa del sito naturalistico.

Gli antichi romani attribuivano il nome Prunus a parecchie specie di quel genere, mentre l’epiteto specifico, mahaleb, identico sia in arabo che in ebraico, deriva presumibilmente dalla radice comune hlb, ovvero latte, forse dovuto al colore bianco dei suoi fiori. L’Oxford English dictionary offre un’etimologia diversa, e ipotizza che mahaleb si riferisca a un tipo di profumo dolce. In Italiano è chiamato ciliegio canino o albero di Santa Lucia.
Arbusto o alberello della famiglia delle Rosaceae, alto da 1 a 6 metri, il Prunus mahaleb raggiunge eccezionalmente anche i 10 m di altezza. La chioma è piuttosto folta e il portamento molto ramoso. Le foglie ovali a quasi rotonde, lunghe fino a 3 cm e dall’apice acuto, hanno un picciolo corto ed esile e sono denticolate con denti ottusi alternati da piccole ghiandole callose. La pagina superiore delle foglie è lucida e verde intensa. I fiori sono bianchi e debolmente profumati, hanno 5 petali ovali di 5-7 mm, sono raggruppati in corimbi (infiorescenza a grappolo nella quale i fiori, pur avendo differenti punti di inserzione, terminano tutti alla stessa altezza) di 4-8 fiori. I frutti sono delle drupe globose di 8-10 mm, nero rossastre dal sapore amarognolo e munite di un nocciolo sferico liscio. Fiorisce tra aprile e maggio.
Originario dall’Europa meridionale e dalle zone continentali dell’Asia minore (area del Mare Nero), il Prunus mahaleb è presente naturalmente dal Marocco al Kyrgyzstan, passando da quasi tutta l’Europa centro-meridionale, dal Caucaso e dalla Turchia. Si spinge a nord fino in Germania e in Polonia ed è assente in Gran Britannia e in Scandinavia. Nel nord America si diffonde spontaneamente dopo essere stato introdotto dall’essere umano.
Predilige suoli calcarei in luoghi soleggiati, caldi e asciutti, cresce sui pendii rocciosi, nelle siepi e nelle boscaglie di roverella, fino a circa 800 m di altitudine. In Spagna meridionale i suoi frutti rappresentano la quasi totalità della dieta di merli e capinere, le quali dipendono dalla specie e in cambio ne assicurano la dispersione dei semi.
Tutta la pianta contiene cumarina e derivati (come diidrocumarina e erniarina), molecole aromatiche dall’odore dolce molto caratteristico, si tratta delle stesse molecole che, ad esempio, danno il caratteristico profumo al fieno appena reciso. I frutti sono adoperati per la fabbricazione di liquori, nella confezione di essenze di frutta, profumi e per aromatizzare il tabacco. I loro noccioli sono invece usati nella cucina greco orientale per preparare una spezia dalla fragranza delicata ma assai amara chiamata mahaleb, che serve a profumare pani dolci e brioche. Il legno, duro e resistente e anch’esso profumato, viene usato per fabbricare pipe e trova anche impiego nei lavori di tornitura, per creare manici di ombrelli, bastoni da passeggio e per fabbricare giocattoli. Ottimo combustibile, il ciliegio canino veniva usato in passato anche dai panettieri per riscaldare i loro forni. Per il suo apparato radicale robusto e pollonifero e per la sua capacità di adattarsi sorprendentemente bene a tutti i tipi di terreno – da acidi a basici, da secchi a umidi e mal drenati – il ciliegio canino è il portainnesto più usato per le varietà di ciliegi da frutto.

 

 

Maggiori informazioni: Acta Plantarum e Info Flora.
Testo e foto: Nicola Schoenenberger
Foto dei frutti: Andrea Moro

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