Diario dei frutteti: la pera chiappona

29.11.2021

Mi trovo nel giardino di Giorgio Valli e Claudia Klinzing a Gola di Lago in Capriasca. Sono circondata da capre passanti e da grandi castagni guardiani ai margini del giardino. Volgo lo sguardo su un orto in cui le piante spontanee commestibili sono tra gli abitanti più apprezzati di questo regno dove la biodiversità fa da regina anche in cucina. Qui ho la fortuna di raccogliere la mia prima storia di alberi da frutto nel territorio di Lugano. Accolta dalla generosità del loro tempo, Giorgio e Claudia mi lasciano immergere in un ritaglio della loro vita, condiviso con la signora Ines Camozzi e il suo grande albero di pere Chiappona, a Bogno in ValColla.

 

“Io però non me lo ricordo che aveva le chiappe”, esordisce Claudia. “Ma era una pera cicciona!” risponde Giorgio.  Poco dopo, tra una risata e l’altra capisco che grandi e “ciccione”, durissime e immangiabili appena raccolte, le pere dell’albero di Ines erano decisamente invernali ed andavano lasciate maturare nella paglia per poterle apprezzare. Altrimenti, mi dice Giorgio, Ines le cucinava con vino e zucchero sulla fiamma del fuoco. “Una volta ha anche cucinato le pere con la pasta… con tanto formaggio”. 

 

Le pere invernali sono decisamente meno apprezzate ora, ma gli alberi sono ancora diffusissimi sul territorio e insieme a alle pratiche di conservazione e le numerose ricette, sono testimoni della forte esigenza che c’era un tempo di poter disporre di frutta in inverno, quando la grande distribuzione non si era ancora sostituita all’autoproduzione.

 

Mentre le loro memorie vengono a galla, si susseguono i pezzi di questa storia che inizia nel 1905, quando un certo Giuseppe Camozzi riceve un piccolo albero di pere come premio durante l’apprendistato alla scuola agraria di Mezzana. Lo mette a dimora in giardino davanti alla casa di Bogno. Nel tempo, una gran parte dei suoi famigliari emigrano in America. Ottantacinque anni dopo, quando Giorgio e Claudia si trasferiscono a Bogno, conoscono la signora Ines figlia di Giovanni. Già ottantenne, Ines non ha mai lasciato la sua terra né la sua casa, con quel pero, ormai gigante che faceva ombra al suo pollaio. Quando non riesce più a prendersi cura delle sue galline, offre alla coppia il terreno sotto al pero per fare l’orto.

 

Claudia mi spiega che “la casa era già una di quelle case altissime ticinesi di tre piani e il pero era più alto della casa, lungo e stretto, era proprio altissimo. La Ines viveva in cucina su un pavimento di sassi, con solo un fuoco, un fornellino a gas, un frigo e un rubinetto di acqua fredda. Il gabinetto era fuori dalla casa e per andarci si attraversava una stradina”. Giorgio e Claudia hanno provato a portare il gabinetto e le tubature, ma lei non voleva saperne, era attaccata a quel luogo quanto allo stile di vita semplice con cui lo aveva sempre abitato.

 

Passavano spesso a trovarla, le portavano la legna, cercavano di aiutarla dove lei lo permetteva o semplicemente per farle compagnia. Mi raccontano che “aveva un carattere fortissimo ed era socievole. C’era sempre il caffè a casa sua e quando passavi ti invitava sempre a bere una tazza con lei. Scherzava tutto il tempo. Aveva una maniera di parlare unica, una battuta dietro l’altra. Quando entravi in casa, magari ti diceva ciapa la cadréga e sédass par terra, o oh che bel, som già stüff da vedétt. Era spassosissima. I suoi gatti poi, poteva toccarli solo lei e ogni tanto in casa c’era una gallina che le faceva compagnia”.

 

“Un giorno sono venuti 2 operai comunali a tagliare il pero senza avvertirla, lei era già anziana ma era un peperino, e li ha scacciati in malo modo!”, mi dice Giorgio.

 

Finché ha vissuto in quella casa ha difeso il suo albero, ma le sue condizioni si sono aggravate e dopo alcuni anni è dovuta andare in casa anziani e poco dopo è morta.

 

Loro hanno continuato a fare l’orto nel giardino di Ines e quando le pressioni per il taglio del pero sono aumentate, hanno deciso di tagliare la punta pericolante, ma al contempo di prendersi la responsabilità per gli eventuali danni della sua caduta: “un pero così grosso era unico… avrà raggiunto 16 metri di altezza” mi dice Giorgio. Anche loro, contagiati forse da Ines, hanno voluto proteggerlo. Si sono dati da fare e hanno chiamato Muriel Hendrichs per farlo censire, identificarne la varietà e preservarla con la raccolta delle marze per la moltiplicazione. Nel frattempo si sono trasferiti in Capriasca, ma tornavano regolarmente in Val Colla, dove il grande pero li aspettava. Due anni fa, ritornati da una vacanza, improvvisamente l’albero non c’era più. La casa di Ines era stata venduta e il pero era stato tagliato.

 

Passando davanti all’entrata della falegnameria locale, sono stati toccati dal gesto del falegname che si era ricordato del loro legame con l’albero e aveva lasciato la legna con un cartello con scritto “Valli”. 

 

Con le loro mani, hanno tagliato e lisciato un grosso asse di legno del pero, facendone il tavolo di lavoro in cucina: in questo scambio reciproco, loro hanno sostenuto il pero e ora lui sostiene loro.

 

Anche se oggi al posto del pero c’è un piazzale, la pera chiappona continua a vivere: la ritroviamo nella collezione di ProFrutteti a Manno nonché nel giardino di Giorgio e Claudia. Se segue le orme di suo padre, magari un giorno diventerà anche lui più alto della loro casa!

 

Giorgia Tresca, l’alberoteca
Gruppo di lavoro per la mappatura delle antiche varietà di alberi da frutto sul territorio di Lugano

La pera chiappona

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