Dalla A alla Z, i nostri post dedicati alle piante più interessanti che incontriamo a Lugano, o nei dintorni. I testi sono scritti da botaniche e botanici professionisti o confezionati dalla redazione di Lugano al verde con la loro collaborazione.

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Arum italicum

14.04.2017
Schede botaniche   Sentiero di Gandria

Ha una strategia di impollinazione altamente sofisticata, ma è una pianta antica e puzza di cadavere (anche il fetore, tuttavia, è parte della sua strategia).

Quando si passeggia all’imbrunire lungo il Sentiero di Gandria, nelle serate senza vento di aprile, talvolta si sente un forte lezzo dolciastro, che ricorda feci e urine putride oppure cadaveri in decomposizione. Non troverete un animale morto dietro a una siepe, bensì le vistose infiorescenze a trappola dell’Arum italicum Mill. Per attirare e intrappolare i piccoli moscerini del genere Psychoda, l’Arum italicum ne imita il substrato preferito per la deposizione delle uova che, appunto, puzza. Ma questa non è l’unica stranezza dell’Arum italicum, chiamato volgarmente gigaro chiaro o erba biscia e la cui designazione generica dà il nome alla vastissima famiglia delle Araceae, diffusa essenzialmente ai tropici con pochissime specie che si spingono fino alle nostre latitudini.
Il termine Arum deriva dal greco, la sua etimologia tuttavia non è certa e c’è chi pensa significhi “calore”. Infatti, l’Arum, altra stranezza, è una delle uniche piante al mondo capace di generare calore. Per volatilizzare le pesanti molecole responsabili del suo fetore e per mimare al meglio i cadaveri in decomposizione, lo spadice (un organo claviforme al centro dell’infiorescenza) può riscaldarsi fino a superare di 25°C la temperatura dell’aria circostante, in alcune specie raggiungendo addirittura i 40°C.
L’Arum italicum è una pianta erbacea perenne dall’aspetto esotico. È costituita da un tubero sotterraneo dal quale si sviluppano le grandi foglie astate (di forma triangolare con lobi basali divaricati) lunghe fino a 35 cm. Di colore verde lucente, le foglie sono caratterizzare da larghe nervature gialle, talvolta da macchioline purpureo-nerastre, nuvolette argentate o una combinazione di tutto questo. I fiori sono molto piccoli e unisessuati, quelli maschili ridotti agli stami e quelli femminili a ovari, arrangiati a spirale alla base di uno spadice colonnare che possiede una grande appendice claviforme gialla e sporgente. Il tutto è avvolto dalla spata, un cappuccio membranoso ellittico e appuntito di colore bianco-verdastro lungo fino a 30 cm, liscissimo e scivoloso all’interno, che costituisce la trappola per gli insetti impollinatori. Solo quando il polline sarà maturo e gli ovuli fecondati, l’Arum, avvizzendo, permetterà loro di scappare, nella speranza che vengano intrappolati dal prossimo individuo, fecondandolo.
A differenza di tutte le altre piante della nostra regione, la nuova stagione dell’Arum italicum comincia d’autunno, quando le foglie germogliano rigogliose. Appena sfiorito, in primavera, le foglie appassiscono e d’estate restano solo le bacche rosse della grandezza di un pisello, raccolte su di un asse, che sparisce a sua volta non appena vengono disperse le bacche. A metà estate non si vede più nulla. Resta solo il tubero sotterraneo (carico di riserve amilacee) che ogni anno si affossa più profondamente nel terreno, tirato verso il basso da speciali radici a molla, per sfuggire ai cinghiali e ad altri animali che ne vanno ghiotti. Ogni 2-3 anni la pianta si rinnova completamente, nessuno sa quindi quanto sia longeva.
L’Arum italicum è una specie mediterranea, che si spinge a ovest fino alle Isole Canarie, a nord fino in Britannia e in Inghilterra, a Est fino alle coste turche del Mar Nero. Cresce nelle siepi, nei fossi, nei luoghi incolti e negli oliveti, dove talvolta si comporta da malerba infestante.
Per le sue caratteristiche è spesso usato come pianta ornamentale nei giardini, da dove sfugge facilmente per colonizzare i terreni circostanti. Tuttavia, la popolazione di Arum italicum a Gandria è ritenuta di origini antiche, assieme a quella presente sul pendio sotto il nucleo di Muzzano, forse entrambe introdotte dai romani o arrivate ancora prima.
Tutta la pianta è fortemente velenosa per la gran quantità di acido ossalico che contiene. In passato, durante le guerre e le carestie se ne mangiava il tubero, ricco in amido. Con la cottura gran parte dei principi tossici scompaiono. Nei tempi antichi l’Arum italicum era anche considerato una pianta magica, che teneva lontani gli spiriti maligni, proteggeva i neonati e veniva usato per la preparazione di pozioni d’amore.

 

Consulta la scheda botanica di Acta Plantarum, guarda la distribuzione dell’Arum italicum in Svizzera sulla mappa di Info Flora.

 

Testo e foto: Nicola Schoenenberger

Arum italicum