Dalla A alla Z, i nostri post dedicati alle piante più interessanti che incontriamo a Lugano, o nei dintorni. I testi sono scritti da botaniche e botanici professionisti o confezionati dalla redazione di Lugano al verde con la loro collaborazione.

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Mespilus germanica

07.06.2018
Schede botaniche   Sentiero di Gandria

Il suo aspetto, umile e perfettamente integrato nella flora indigena, ha ingannato perfino il grande Linneo che, credendolo tedesco, nel lontano 1753 lo battezzò con un nome fuorviante.

Proveniente dalla Persia, fin dai tempi remoti il nespolo (o nespolo volgare) ha sfamato i nostri avi, addolcendone le lunghe notti d’inverno. L’epoca della sua coltivazione è tramontata parecchio tempo fa, ma – inselvatichito – il nespolo sopravvive fino ai giorni nostri come presenza sporadica nei sottoboschi e nelle siepi, dove non lascia intravvedere la sua natura esotica. Il suo aspetto, umile e perfettamente integrato nella flora indigena, ha ingannato perfino il grande Linneo che, credendolo tedesco, nel lontano 1753 lo battezzò con un nome fuorviante: Mespilus germanica.
Il nome generico proviene dal greco mespile (usato già da Teofrasto e Dioscoride), latinizzato poi in mespilum e adottato tra gli altri da Rutilio Tauro Emiliano Palladio nel suo Opus agriculturae, nel quale dà istruzioni precise per la coltivazione della nespola. Secondo alcune teorie, il termine mespile è composto da mesos e pilos, palla, dalla forma emisferica del frutto. L’epiteto specifico sembra dovuto al fatto che Linneo riconoscesse la sua origine in Germania, data l’ampia diffusione della specie nell’area sin dall’epoca romana. Nel Saarland tedesco il nespolo viene chiamato popolarmente “Hundsärsch”, ovvero culo di cane, a causa della forma della cavità calicina dei suoi frutti. Analogamente, nell’Inghilterra del 16. e 17. secolo, lo si chiamava scostumatamente “open-arse” e appariva nei giochi di parole umoristici e indecenti dei teatri elisabettiani.
Appartenente alla famiglia delle Rosaceae e stretto parente del biancospino, il nespolo è un arbusto o alberello dai fusti sinuosi, con o senza spine, alto da 2 a 6 m. Le sue foglie sono lanceolate-ellittiche o ovali, finemente dentellate verso l’apice acuto, lunghe fino a 15 cm, molli, opache e verdi scure sulla pagina superiore, finemente pelose e verdi chiare su quella inferiore. I fiori bianchi e solitari raggiungono un diametro di 4 cm, hanno sepali appuntiti e molto lunghi, 5 petali arrotondati, numerosi stami e 5 stili.
I frutti eduli sono pomi pubescenti, globosi o piriformi, color bruno-ruggine, dal diametro di 2-3 cm, con una grossa cavità depressa all’apice circondata dai resti delle lacinie del calice. Contengono 5 semi duri e legnosi. Per essere commestibili devono essere lasciati ammezzire, ovvero rammollire in ambiente ventilato e asciutto finché il colore della polpa vira al marrone scuro e acquisisce una consistenza molle, quasi liquida (come si fa con i cachi). Durante questo processo, degli enzimi presenti nel frutto trasformano i tannini in zuccheri e i frutti, da acidi e astringenti, diventano zuccherini e commestibili.
Fiorisce tra maggio e giugno. È molto resistente alle malattie, in rari casi può raggiungere 300 anni di età. Il nespolo volgare non va confuso con il nespolo del Giappone, Eriobotrya japonica, i cui frutti eduli arancioni maturano a primavera.
Il nespolo è indigeno in Persia, nell’Asia sud occidentale e sulle coste del Mare nero della Bulgaria e della Turchia. L’area di distribuzione naturale del nespolo non è tuttavia definibile con certezza, visto che è coltivato da circa 3’000 anni. Di conseguenza l’indigenato è dubbio in molti paesi, nei quali è piuttosto da considerarsi specie sfuggita dalle coltivazioni e naturalizzata, comportandosi ormai come pianta perfettamente inserita in natura. Introdotta in molte aree dai romani, si è diffusa ampiamente nel medioevo in Europa meridionale e occidentale, fino in Inghilterra. Carlo Magno lo raccomandava tra le specie fruttifere da coltivare nel Capitulare de villis o “Decreto sulle ville”, testo che disciplinava le attività rurali, agricole e commerciali delle aziende agricole dell’impero.
Oggi ha perso la sua importanza come pianta da frutto, sono rimaste solo rare piantagioni nella regione di Valencia in Spagna e in alcuni paesi dell’Asia sud occidentale, ad esempio in Azerbaigian. Presente in tutta Italia, in Svizzera è assai raro sull’altipiano, con una presenza maggiore, seppure sporadica, nel Sottoceneri, nel Locarnese e nella bassa Valle Maggia. Pare ormai assente nel Bellinzonese e nelle valli, dove esistono solo segnalazioni storiche.
Cresce nei in luoghi caldi, nei boschi di latifoglie e nelle siepi della fascia collinare. Considerata specie prioritaria per la conservazione in Svizzera, è iscritta come vulnerabile nella Lista Rossa delle specie minacciate in Svizzera ed è protetta nei cantoni di Nidvaldo e Vaud.
Importante fonte di nutrimento invernale in passato, visto che era fra i pochi frutti che giungevano a maturazione durante la brutta stagione, veniva anche usato nella confezione di bevande alcoliche (il nespolino), salse, gelatine e marmellate. Usato anticamente come febbrifugo e diuretico, veniva anche impiegato nella concia delle pelli per l’alto contenuto in tannino di corteccia e foglie. Il legno, a grana fina e molto duro, è molto denso e non si fende. Veniva usato per la fabbricazione di manici di utensili e flagelli, e per lavori di tornitura. Talvolta è coltivato come pianta ornamentale.
Carico di simbologia, la pianta era sacra a Saturno, un solo ramo era sufficiente per proteggere dagli stregoni, mettendoli in fuga. Nella letteratura inglese il nespolo è usato figurativamente come simbolo della prostituzione o della miseria prematura, in allusione al frutto che è marcio prima di essere maturo. Il proverbio italiano “con il tempo e con la paglia maturano le nespole” indica che con pazienza e buona volontà si viene a capo di ogni problema.

 

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Testo e foto: Nicola Schoenenberger