Dalla A alla Z, i nostri post dedicati alle piante più interessanti che incontriamo a Lugano, o nei dintorni. I testi sono scritti da botaniche e botanici professionisti o confezionati dalla redazione di Lugano al verde con la loro collaborazione.

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Ulmus minor

03.04.2019
Schede botaniche   Sentiero di Gandria

È una pianta dal carattere pieno di contraddizioni: fruttifica ancor prima di mettere le foglie, tollera senza problemi lunghi periodi di siccità e mesi di inondazione, ha un legno molto duro ma è un pessimo combustibile, è molto longevo ma sensibile alla grafiosi, che lo condanna a sopravvivere sotto forma di cespuglio o giovane alberello, uccidendolo non appena raggiunge qualche metro di altezza. La presenza dell'olmo campestre (Ulmus minor) lungo il Sentiero di Gandria è un'ulteriore testimonianza della sorprendente diversità di specie legnose del luogo.

In italiano è chiamato olmo comune o olmo campestre, il nome botanico del genere, già in uso dai romani, deriva dalla radice sanscrita al ovvero crescere. L’epiteto specifico, minor, allude alle minori dimensioni delle foglie rispetto a quelle di altre specie di olmo. Appartiene alla famiglia delle Ulmaceae.
Albero caducifoglio dalla crescita rapida da giovane, l’olmo campestre può raggiungere 40 m di altezza e 600 anni di età. Ha la corteccia di colore grigio-bruno, che diviene rapidamente suberificata nei giovani rami, producendo creste longitudinali di sughero screpolato (simili a quelle dell’acero campestre). Le foglie sono alterne, ovali, lunghe 2-10 cm, con margini doppiamente seghettati, appuntite all’apice e, come in tutti gli olmi, asimmetriche alla base. I fiori di colore rosso scuro sono riuniti fino a 30 in glomeruli sessili, si sviluppano sui rami di due anni ed emergono prima dell’emissione delle foglie. Il frutto è una samara (frutto secco alato) orbicolare, lungo al massimo 2 cm, di colore giallo-verde e racchiude un singolo seme posto vicino alla smarginatura dell’ala membranosa. Quando le gemme fogliari cominciano ad aprirsi a primavera, l’olmo campestre disperde al vento i propri frutti ormai maturi i quali germinano immediatamente. Si riproduce anche facilmente attraverso polloni radicali e in molti luoghi tende ad ibridarsi con l’olmo montano (Ulmus glabra). Fiorisce tra febbraio e marzo.
Specie di origine europea, l’olmo campestre è diffuso in tutta l’Europa continentale fino alle coste del Mar Caspio nella regione Caucasica e in alcune aree del nord Africa e dell’Asia minore. Diffuso soprattutto nella fascia collinare fino circa a 800 m di altitudine (in Vallese fino a 1300 m), cresce nei boschi e nei cespuglieti aridi e termofili, negli incolti e anche lungo i greti di torrenti su terreni argillosi ricchi in nutrimenti, piuttosto umidi o periodicamente sommersi, anche per lunghi periodi (fino a 4 mesi). Tollera molto bene sia il freddo che la siccità. È diffuso in tutta la Svizzera salvo nei Grigioni.
Coltivato dall’uomo fin dall’età del bronzo, l’olmo campestre fornisce uno dei legni autoctoni più belli. Essendo al contempo duro, molto robusto e resistente all’acqua, è impiegato per la fabbricazione di porte, mobili, pavimenti, oggetti decorativi e articoli sportivi. Possiede foglie ricche in proteine che lo rendono un eccellente foraggio e un ottimo fertilizzante. Viene anche piantato per consolidare i terreni e, sopportando bene la potatura, è usato anche come pianta da siepe e nelle alberature stradali. Un tempo era utilizzato come tutore vivente delle viti, alla stessa stregua di meli e aceri campestri, pratica diffusa già in epoca romana. Se ne utilizzava anche la corteccia ricca in tannini per tingere di giallo e marrone i tessuti. I greci e i romani avevano consacrato l’olmo al demone dei sogni Oniro, alla divinità dei sogni profetici Morfeo e a Thanatos, la personificazione della morte, per indicare il legame stretto tra sonno, sogno e morte.
Attorno al 1920 scoppiò l’epidemia della grafiosi dell’olmo, provocata dal fungo parassita di origine asiatica Ophiostoma ulmi, che decimò la popolazione di olmi europei, portandoli sull’orlo dell’estinzione in numerose aree e condannando i sopravvissuti a vegetare sotto forma di piccoli cespugli. Alcuni olmi tuttavia sopravvissero, ad esempio il monumentale olmo campestre di Mergozzo, presente nel comune ossolano già dal 1600. La leggenda racconta che l’olmo sorge dove un tempo c’era un cimitero nel quale una povera famiglia seppellì la figlia e, non avendo i soldi per portare i fiori sulla tomba, decise di piantare l’alberello. L’olmo di Mergozzo, che dal 2002 è inserito nella lista degli alberi monumentali della regione Piemonte, oggi raggiunge 15 m di altezza e 5 metri e mezzo di diametro.

 

Maggiori informazioni su Acta Plantarum e Info Flora.

Testo e foto di Nicola Schoenenberger